NatalitĆ al minimo storico, mortalitĆ ancora elevata: meno di 7 neonati e piĆ¹ di 12 decessi per 1.000 abitanti. Lo rileva l'Istat, che pubblica gli indicatori demografici relativi al 2022.
Istat che segnala anche altri elementi, a partire dal recupero di attrattivitĆ nei confronti dell'estero: il saldo migratorio netto sale da +88 mila nel 2020 e +160 mila nel 2021 a +229 mila nel 2022. In crescita anche i movimenti migratori interni: i trasferimenti di residenza tra comuni sono 1 milione 484 mila, +4% rispetto al 2021, +10% rispetto al 2020.
Lieve crescita del numero degli stranieri: la popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023 ĆØ di 5 milioni e 50 mila unitĆ , in aumento di 20 mila individui (+3,9‰) sull'anno precedente.
Ma vediamo piĆ¹ nello specifico la situazione delineata da Istat.
Ancora in calo la popolazione residente
Alla luce dei primi risultati provvisori, la popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2023 ĆØ di 58 milioni e 851 mila unitĆ , 179 mila in meno sull'anno precedente, per una riduzione pari al 3‰. "Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione della popolazione – sottolinea l'istituto -, ma con un'intensitĆ minore rispetto sia al 2021 (-3,5‰), sia soprattutto al 2020 (-6,7‰), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato giĆ nel 2014".
Appurato che nel 2022 la popolazione residente presenta una decrescita simile a quella del 2019 (-2,9‰), sul piano territoriale si evidenzia un calo demografico importante che interessa il Mezzogiorno (-6,3‰). Il Centro (-2,6‰) e soprattutto il Nord (-0,9‰), che pur presentano un saldo demografico negativo, hanno valori migliori della media nazionale. Sul piano regionale, la popolazione risulta in aumento solo in Trentino-Alto Adige (+1,6‰), in Lombardia (+0,8‰) e in Emilia-Romagna (+0,4‰). Le regioni, invece, in cui si ĆØ persa piĆ¹ popolazione sono la Basilicata, il Molise, la Sardegna e la Calabria, tutte con tassi di decrescita piĆ¹ bassi del -7‰.
"Su base nazionale, il calo della popolazione ĆØ frutto di una dinamica demografica sfavorevole che vede un eccesso dei decessi sulle nascite, non compensato dai movimenti migratori con l'estero – sottolinea l'Istat -. I decessi sono stati 713 mila, le nascite 393 mila, toccando un nuovo minimo storico, con un saldo naturale quindi di -320 mila unitĆ ".
Le iscrizioni dall'estero sono state pari a 361 mila mentre 132 mila sono state le cancellazioni per l'estero. Ne deriva un saldo migratorio con l'estero positivo per 229 mila unitĆ , in grado di compensare solo in parte l'effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale.
Sul versante della mobilitĆ interna, nel 2022 si rileva un aumento del volume complessivo dei movimenti del 4%, con 1 milione 484 mila trasferimenti di residenza registrati tra Comuni contro 1 milione 423 mila dell'anno precedente. Infine, le ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi (saldo per altri motivi) comportano un saldo negativo per ulteriori 88 mila unitĆ .
La popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023 ĆØ di 5 milioni e 50 mila unitĆ , in aumento di 20 mila individui (+3,9‰) sull'anno precedente. L'incidenza degli stranieri residenti sulla popolazione totale ĆØ dell'8,6%, in leggero aumento rispetto al 2022 (8,5%). Quasi il 60% degli stranieri, pari a 2 milioni 989 mila unitĆ , risiede al Nord, per un'incidenza dell'11%, la piĆ¹ alta del Paese. Risulta attrattivo per gli stranieri anche il Centro, dove risiede un milione 238 mila individui (25% del totale) con un'incidenza del 10,6%, al di sopra della media nazionale. Il Mezzogiorno ha invece meno presenza straniera, 824 mila unitĆ (16%), per un'incidenza del 4,2%.
Speranza di vita in crescita per gli uomini, stabile per le donne
La speranza di vita alla nascita nel 2022 ĆØ stimata in 80,5 anni per gli uomini e in 84,8 anni per le donne, solo per i primi si evidenzia, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in piĆ¹. Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato rispetto all'anno precedente. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini che tra le donne.
Afferma l'Istat: "Sebbene il rallentamento della speranza di vita delle donne rispetto agli uomini costituisca un processo ravvisabile giĆ in anni precedenti la pandemia, quest'ultima puĆ² aver acuito il trend. L'impatto della crisi sul sistema sanitario, e la conseguente difficoltĆ nella programmazione di visite e controlli medici, potrebbero esser state particolarmente forti per le donne, piĆ¹ inclini degli uomini a fare prevenzione. Ad esempio, dai dati dell'indagine 'Aspetti della vita quotidiana' risulta che tra il 2019 e il 2021 la percentuale di donne che ha dichiarato di aver rinunciato a prestazioni sanitarie sia aumentata di 5 punti percentuali (dal 7,5% al 12,7%), per gli uomini tale aumento ĆØ stato invece di 4 punti percentuali (dal 5% al 9,2%)".
Nel Nord la speranza di vita alla nascita ĆØ di 80,9 anni per gli uomini e di 85,2 per le donne; i primi recuperano circa un mese rispetto all'anno precedente al contrario delle donne che invece lo perdono. Il Trentino-Alto Adige ĆØ ancora la regione con la speranza di vita piĆ¹ alta sia tra gli uomini sia tra le donne, il Friuli-Venezia Giulia ĆØ invece la regione che ha registrato il maggior guadagno rispetto all'anno precedente, circa sei mesi per entrambi i sessi. Il Centro ĆØ l'unica area per cui si registrano incrementi di sopravvivenza in tutte le regioni, anche se lievi, rispetto al 2021: per gli uomini l'incremento ĆØ dello 0,2, mentre per le donne dello 0,1. La speranza di vita piĆ¹ alta tra gli uomini si annota in Toscana (81,3), per le donne nelle Marche (85,4).
Anche il Mezzogiorno nel complesso fa registrare gli stessi incrementi del Centro, ma al suo interno ha una situazione piĆ¹ eterogenea. Si passa da regioni come Molise (solo per gli uomini) e Puglia, dove i guadagni rispetto all'anno precedente sono intorno ai 6 mesi di vita, alla Sardegna, dove la forte mortalitĆ ha fatto sƬ che si sia perso circa mezzo anno di vita per entrambi i sessi. Quest'ultima ĆØ la regione dove la quota di rinunce a prestazioni sanitarie ĆØ piĆ¹ elevata (nel 2021 era pari al 18,3% contro il dato nazionale dell'11%). La Campania, con valori della speranza di vita di 78,8 anni per gli uomini e di 83,1 per le donne, resta la regione dove si vive meno a lungo.
"La spiegazione di fondo, in conclusione, ĆØ che le variazioni congiunturali della speranza di vita che si stanno rilevando nell'ultimo triennio siano ancora fortemente correlate a quella che ĆØ stata l'evoluzione della pandemia dal 2020 in poi – precisa l'Istat -. I parziali recuperi di quanto perso nel periodo piĆ¹ critico (che ĆØ stato diverso da regione a regione) sono dipesi sia dall'efficienza del sistema sanitario, pesantemente sottoposto a pressione, sia dalla preoccupazione che psicologicamente puĆ² aver indotto le persone (soprattutto se donne e se fragili) ad avvalersi meno che in passato dei servizi medico-sanitari".
Picco dei decessi nei mesi piĆ¹ caldi e freddi
Nel 2022 i decessi in Italia sono 713 mila, con un tasso di mortalitĆ pari al 12,1‰. Rispetto all'anno precedente il numero dei morti ĆØ superiore di 12 mila unitĆ , ma inferiore di 27 mila rispetto al 2020, anno di massima mortalitĆ per via della pandemia.
"Il numero piĆ¹ alto dei decessi si ĆØ avuto in concomitanza dei mesi piĆ¹ rigidi, gennaio e dicembre, e nei mesi piĆ¹ caldi, luglio e agosto. In questi soli quattro mesi si sono osservati 265 mila decessi, quasi il 40% del totale, dovuti soprattutto alle condizioni climatiche avverse che hanno penalizzato nella maggior parte dei casi la popolazione piĆ¹ anziana e fragile, composta principalmente da donne", afferma l'Istat.
Oltre 606 mila deceduti, l'85% del totale, hanno un'etĆ maggiore o pari ai 70 anni, percentuale che nelle donne aumenta fino all'89,2% mentre per gli uomini si ferma all'80,3%. Analizzando i quattro mesi con le condizioni climatiche piĆ¹ avverse, queste percentuali aumentano all'80,7% per gli uomini e quasi al 90% per le donne, proprio a sottolineare come questa mortalitĆ piĆ¹ elevata abbia coinvolto soprattutto la popolazione piĆ¹ anziana. "Situazioni analoghe si erano giĆ verificate in passato, quando l'eccesso di mortalitĆ rispetto all'anno precedente era dovuto all'elevato numero di decessi dei mesi estivi e invernali – evidenzia l'Istat -. Negli anni 2003, 2015 e 2017 si erano registrati degli incrementi dei decessi rispetto all'anno precedente rispettivamente del 5,2%, 8,2% e 5,5% e anche in questi anni la quota per i mesi di gennaio, luglio, agosto e dicembre era risultata significativa, portandosi sopra il 35%. Se si esclude il 2020, contraddistinto dall'impatto pandemico, ĆØ opportuno rilevare che delle quattro annualitĆ sin qui riconosciute come caratterizzate da livelli di mortalitĆ superiori all'atteso ben tre (2015, 2017, 2022) siano concentrate nell'arco di soli otto anni, mentre una soltanto (2003) risalga a venti anni fa. Un segnale, apparentemente inequivocabile, di quanto i cambiamenti climatici stiano assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, nel contesto di un Paese a forte invecchiamento".
Il 47% dei decessi si registra nel Nord, con un valore pari a 333 mila. Al Centro i decessi sono 144 mila (20%) e nel Mezzogiorno 237 mila (33%). Ć perĆ² il Centro la ripartizione con il tasso di mortalitĆ piĆ¹ elevato (12,3‰), segue il Nord (12,2‰). Il Mezzogiorno, invece, con un tasso dell'11,9‰, registra una mortalitĆ al di sotto della media nazionale, motivata dal fatto di presentare una struttura della popolazione relativamente meno invecchiata e pertanto meno soggetta ai fattori di rischio. A livello regionale la Liguria (15,9‰) e il Molise (14,7‰) sono le regioni con il tasso di mortalitĆ piĆ¹ alto, mentre il Trentino-Alto Adige (9,9‰) e la Campania (10,9‰) quelle con il tasso piĆ¹ basso. Le prime sono, infatti, quelle con una struttura della popolazione piĆ¹ anziana, le ultime invece quelle con la struttura piĆ¹ giovane del Paese.
Nel 2022 toccato il minimo delle nascite
Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall'unitĆ d'Italia, sotto la soglia delle 400 mila unitĆ , attestandosi a 393 mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrĆ² un aumento delle nascite, il calo ĆØ di circa 184 mila nati, di cui circa 27 mila concentrate dal 2019 in avanti.
"Questa diminuzione ĆØ dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie – afferma l'istituto -. In realtĆ , tra le cause pesano molto tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle etĆ convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni). Se nel corso del 2022 si fosse procreato con la stessa intensitĆ e lo stesso calendario del 2019, il calo dei nati sarebbe stato pari a circa 22 mila unitĆ , totalmente attribuibile, pertanto, alla riduzione e all'invecchiamento della popolazione femminile in etĆ feconda. La restante diminuzione, di circa 5 mila nascite, risulterebbe invece causata dalla reale diminuzione dei livelli riproduttivi".
Dopo il lieve aumento del numero medio di figli per donna verificatosi tra il 2020 e il 2021, riprende il calo dell'indicatore congiunturale di feconditĆ , il cui valore si attesta nel 2022 a 1,24, tornando cosƬ al livello registrato nel 2020. Prosegue quindi la tendenza alla riduzione dei progetti riproduttivi, giĆ in atto da diversi anni nel nostro Paese, con un'etĆ media al parto stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni.
La diminuzione del numero medio di figli per donna riguarda sia il Nord sia il Centro Italia, dove si registrano valori rispettivamente pari a 1,26 e 1,16 (nel 2021 erano pari a 1,28 e 1,19). Nel Mezzogiorno, invece, si registra un lieve aumento, con il numero medio di figli per donna che si attesta a 1,26 (era 1,25 nell'anno precedente). L'etĆ media al parto ĆØ leggermente superiore nel Nord e nel Centro (32,6 e 32,9) rispetto al Mezzogiorno (32,1).
La nuzialitĆ registra un lieve aumento, con un tasso che passa dal 3,1‰ dello scorso anno al 3,2‰, ritornando cosƬ ai livelli pre-pandemia. Il tasso piĆ¹ elevato si riscontra nel Mezzogiorno (3,6‰, in diminuzione rispetto al 3,8‰ del 2021) mentre nel Nord e nel Centro i livelli sono inferiori (3‰ per entrambe le ripartizioni, in leggero aumento rispetto a 2,7‰ e 2,6‰ del 2021). "Dopo il crollo del 2020, il Mezzogiorno presenta l'aumento maggiore di nuzialitĆ negli ultimi due anni; tendenza che si associa a quella altrettanto positiva della feconditĆ che ha caratterizzato questa ripartizione", afferma l'Istat.
Movimenti migratori in aumento, il Nord la destinazione piĆ¹ attrattiva
Nel 2022 i movimenti migratori tornano ai livelli pre-pandemia. I trasferimenti, interni e per l'estero, risultano in crescita sia rispetto al 2021 sia, soprattutto, al 2020, quando le restrizioni dovute alla diffusione del virus Covid-19 avevano portato a un crollo degli spostamenti.
Nel 2022 si sono verificati 1 milione 484 mila trasferimenti interni, il 4% in piĆ¹ rispetto all'anno precedente e ben il 10% in piĆ¹ rispetto al 2020, tornando cosƬ ai livelli del 2019, quando i trasferimenti erano stati 1 milione 485 mila.
"Anche nel 2022 si registrano movimenti migratori interni sfavorevoli al Mezzogiorno – afferma l'Istat -. In tale ambito, sono 420 mila gli individui che hanno lasciato nel corso dell'anno un comune meridionale per trasferirsi in un altro comune italiano (eventualmente anche dello stesso Mezzogiorno), mentre sono 352 mila quelli che hanno eletto un comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale (eventualmente anche provenienti da altro comune dello stesso Mezzogiorno). Tale dinamica ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di oltre 55 mila unitĆ (-3,4‰ abitanti). Questo fenomeno riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno, in particolare la Basilicata e la Calabria, per le quali il saldo negativo ĆØ del 5,5‰, davanti al Molise (-4,7‰) e alla Campania (-4,3‰)".
Le regioni del Nord, dove complessivamente si riscontra un tasso del +2,2‰, rimangono quelle a maggiore capacitĆ attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,7‰. La regione piĆ¹ attrattiva ĆØ l'Emilia-Romagna (+3,9‰), a seguire il Friuli-Venezia Giulia (+2,4‰) e la Lombardia (+2,2‰).
Le iscrizioni dall'estero per trasferimento di residenza sono 361 mila, cresciute del 13,3% sul 2021 (318 mila), del 45,7% rispetto a quelle del 2020 (247 mila), ma anche dell'8,4% rispetto al 2019 (333 mila). Le cancellazioni per l'estero, invece, continuano a diminuire. Nel 2022 sono appena 132 mila, in calo di circa il 17% rispetto agli ultimi due anni, ma del 26,5% rispetto al 2019 quando se ne contarono 153 mila.
Afferma l'Istat: "Il saldo migratorio netto con l'estero sale al 3,9‰ abitanti, a conferma di una tendenza di crescita avviatasi dal 2014 e interrottasi solo nel periodo pandemico. Il tasso, quindi, ĆØ in crescita non solo rispetto ai due anni precedenti, ma anche rispetto al 2019 quando il saldo migratorio con l'estero risultĆ² pari al 2,6‰ abitanti. Il Centro e il Nord sono le ripartizioni col saldo migratorio estero piĆ¹ rilevante, +4,4‰ per entrambe, il Mezzogiorno invece ha un saldo piĆ¹ contenuto, pari al 2,8‰. La Lombardia si avvantaggia del 20% (+47mila) dei complessivi 229 mila individui che al netto costituiscono il saldo migratorio con l'estero; segue il Lazio, con un saldo di +23 mila unitĆ ".
Un individuo su quattro ha almeno 65 anni
Nonostante l'elevato numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150 mila, di cui il 90% riguardante persone con piĆ¹ di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione ĆØ proseguito, portando l'etĆ media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l'inizio del 2020 e l'inizio del 2023. Dunque, in questo periodo la popolazione residente ĆØ mediamente invecchiata almeno di ulteriori otto mesi.
La popolazione ultrasessantacinquenne, che nell'insieme raccoglie 14 milioni 177 mila individui a inizio 2023, costituisce il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell'anno precedente. Nel caso specifico delle persone molto anziane, piĆ¹ colpite dalla super-mortalitĆ , ovvero gli ultraottantenni, si riscontra comunque un incremento che li porta a 4 milioni 530 mila e a rappresentare il 7,7% della popolazione totale, contro il 7,6% dell'anno precedente. Risultano al contrario in diminuzione tanto gli individui in etĆ attiva quanto i piĆ¹ giovani: i 15-64enni scendono da 37 milioni 489 mila (63,5%) a 37 milioni 339 mila (63,4%), mentre i ragazzi fino a 14 anni di etĆ scendono da 7 milioni 490 mila (12,7%) a 7 milioni 334 mila (12,5%).
Il Centro e il Nord presentano una proporzione di ultrasessantacinquenni leggermente piĆ¹ alta di quella nazionale, rispettivamente pari al 24,7% e al 24,6%. Nel Mezzogiorno tale proporzione ĆØ invece del 23%. Gli ultraottantenni costituiscono l'8,2% della popolazione totale nel Nord e nel Centro e il 6,8% nel Mezzogiorno.
La Liguria ĆØ la regione piĆ¹ anziana, con una quota di over 65enni pari al 28,9% e una di ultra 80enni del 10,4%. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (26,9% e 9,1%) e l'Umbria (26,8% e 9,2%). La regione con le percentuali piĆ¹ basse di ultrasessantacinquenni e ultraottantenni ĆØ la Campania (20,6% e 5,6%), seguita dal Trentino-Alto Adige (21,8% e 7%) e dalla Sicilia (22,9 e 6,7%).
Il numero stimato di ultracentenari (100 anni di etĆ e piĆ¹) raggiunge nel 2022 il suo piĆ¹ alto livello storico, sfiorando la soglia delle 22 mila unitĆ , oltre 2 mila in piĆ¹ rispetto all'anno precedente.
"Nel corso degli ultimi 20 anni, grazie a un incremento di 15 mila unitĆ , il numero di ultracentenari ĆØ triplicato. Ć stato definitivamente superato il quinquennio 2015-2019, quando si ĆØ assistito a un temporaneo declino degli ultracentenari per via del graduale ingresso in tale contingente dei nati tra lo scoppio del primo conflitto mondiale e la pandemia da influenza spagnola, ovvero di soggetti non solo meno numerosi in origine, ma anche sottoposti a regimi di mortalitĆ piĆ¹ rilevanti nel corso della successiva esistenza", conclude l'Istat.
fonte : Redattore Sociale